Come ci si sente a entrare nell’Università dove ti sei laureata anni fa, nei panni da docente della materia che più ti appassionava e di cui ne hai fatto il tuo lavoro?
Ricordo quando mia mamma tornò a casa dopo aver parlato con una mia professoressa delle superiori che le disse “Deve ritirare sua figlia perché non è in grado di concludere questa scuola, al massimo può fare una professionale, poi è troppo una testa calda”. Come se fare una professionale ti qualificasse come scarto della società.
Ricordo quando ero nel clou degli attacchi di panico che non riuscivo nemmeno a uscire di casa, guardavo la stazione, e pensavo a cosa volesse dire prendere il treno e lavorare a Milano, nella grande città. Un senso di soffocamento.
Ricordo quando una persona mi ha concluso lo stage prima della scadenza perché voleva farmi iniziare un contratto a tempo determinato, che mi rendeva più giustizia. Ha messo il primo mattone per far crescere la mia autostima.
L’altro ieri sono andata a tenere una docenza al Master in Retail & Sales Management dello Iulm e ho cercato di insegnare, a quegli studenti, cosa vuol dire lavorare nel Marketing Relazionale attraverso i dati. Non è semplice unire umanità e matematica. Psicologia e Big Data. Ma ci ho provato.
Spero di aver lasciato loro delle nozioni da utilizzare e spero anche di poter dare una speranza a chiunque si senta sopraffare da qualcuno o da qualcosa.
Uscite dalla Comfort Zone, è li la felicità e il vero successo.
Rispondo alla prima domanda.
Ci si sente realizzati, ci si sente che tutto quello che hai passato è servito.
Ci si sente felici delle scelte fatte giuste o sbagliate.
Ci si sente fieri di aver donato conoscenza e esperienza.
Soprattutto capisci quanto sia importante avere sempre:
- davanti a sé, un obiettivo, piccolo o grosso che sia.
- persone che vogliano il tuo bene, il che non vuol dire che ti assecondino.